09/03/2016 15:00

Arese, Alfa Romeo” è  una mostra che, attingendo ai materiali del proprio Centro Documentazione, ricostruisce le fasi di realizzazione del “quartier generale” aziendale, che agli inizi degli anni Sessanta si trasferì dal Portello ad Arese. Fotografie e documenti storici, un diorama del 1971 e filmati storici in mostra.
  
Arese è sinonimo di Alfa Romeo. E’ qui che nel 1963 viene trasferita la produzione, prima al Portello, e costruito un impianto di produzione che arriverà ad avere quasi 20 mila dipendenti. Una “città-fabbrica” che accompagna la trasformazione di un’area urbana alle porte di Milano, da piccolo centro a città. Oltre allo stabilimento, c’è il Centro Direzionale che racchiude non solo la “testa” dell’azienda ma anche il suo “cuore”: il Museo Storico Alfa Romeo, inaugurato il 18 dicembre 1976 e ora rinnovato e aperto a un pubblico sempre più ampio ed internazionale.
 
Dal Portello ad Arese
Cresciuta a dismisura durante il periodo bellico grazie alla militarizzazione e alla produzione di motori avio e mezzi pesanti, negli anni Cinquanta Alfa Romeo ha superato completamente la crisi dell’immediato dopoguerra, quando l’ancora timido mercato dell’automobile non riusciva a saturare la capacità produttiva dell’azienda. Con la 1900 prima, e soprattutto con la Giulietta, Alfa Romeo aveva però reagito varando progetti più economici, strizzando l’occhio al nascente mercato “di massa” e proponendo vetture in grado di trasformare in una grande industria metalmeccanica quella che – automobilisticamente parlando – era poco più di una fabbrica. In meno di dieci anni si passa dalle poche centinaia di 6C 2500 ai 18 mila esemplari di 1900, fino agli oltre 177 mila della Giulietta, che si merita l’appellativo di “Fidanzata d’Italia”. 
Il Portello è ormai racchiuso dall’espansione della città di Milano e non è in grado di raggiungere l’obiettivo di 150 mila vetture l’anno che il successo della Giulietta sta delineando all’orizzonte. La costruzione dello stabilimento di Arese viene deliberata nell’ottobre 1956 in seguito alla necessità di espandere la capacità produttiva di Alfa Romeo. Poco dopo si sarebbero gettate le basi anche della Pista Prove di Balocco e del progetto Alfasud, con relativo stabilimento a Pomigliano d’Arco, sull’onda di una crescita che in quegli anni pare inarrestabile.
Ad Arese – ma i Comuni coinvolti sono anche quelli di Rho, Lainate e Garbagnate Milanese – deve sorgere uno stabilimento all’avanguardia, esteso su oltre due milioni di metri quadri e con quasi 20 mila dipendenti, livello raggiunto all’inizio degli anni Ottanta. I flussi interni alla fabbrica sono studiati con attenzione e il progetto viene affidato ad architetti di fama: Ignazio e Jacopo Gardella e Anna Castelli Ferrieri per il Centro Tecnico, Giulio Minoletti per la Spina centrale, in cui si racchiudono i principali servizi. Particolare attenzione viene data anche al “silos” del prodotto finito, alla filiale di vendita, agli uffici della Direzione Esperienza (il cosiddetto “Alveare”). Decentrato rispetto alla parte produttiva, ma visibile dall’autostrada Milano-Laghi, sorge infine il Centro Direzionale, realizzato tra il 1966 e il 1976 e rimasto attivo fino agli anni Novanta, comprendente anche il Museo Storico Alfa Romeo. Il trasferimento dei reparti produttivi dal Portello è progressivo e la stessa Giulia, prima vettura nata ad Arese, verrà inizialmente assemblata con molti dei componenti ancora fabbricati nel “vecchio” stabilimento.

Centro Direzionale
Se il cantiere dei padiglioni produttivi è frenetico, per quanto riguarda la Direzione l’ipotesi iniziale è di mantenerla al Portello, salvo poi decidere di costruire un nuovo edificio ad Arese. Già il 2 dicembre 1966 viene organizzata la prima riunione cui partecipano, oltre all’architetto Cassi Ramelli, anche Vito e Gustavo Latis e Vittore Ceretti, che per questo progetto si accorperanno sotto il nome di “Studi Riuniti”, cui si affiancheranno ben presto Leo Finzi ed Edoardo Nova per la parte strutturale e il paesaggista Pietro Porcinai.
Alfa Romeo chiede fin dal principio un complesso a sviluppo orizzontale, in contrapposizione con la tendenza di molte aziende a costruire “torri”, e le tre proposte inizialmente presentate verranno sintetizzate in quello che sarà il Centro Direzionale, con blocchi uffici modulari, Museo e mensa collegati da una “piastra” sopraelevata. La soluzione scelta consente un complesso articolato ma ben collegato nelle sue funzioni, oltre che facilmente ampliabile nella parte degli uffici. Dei quattro blocchi previsti, ne verranno completati solo tre, costruendo del quarto solo il piano interrato. I lavori proseguiranno fino al 1976.
Seppur basati su architetture e progetti diversi, le palazzine direzionali, la mensa seminterrata e il Museo Storico Alfa Romeo sono legati non solo fisicamente, ma anche da un comune aspetto esteriore, originando così un complesso articolato ma omogeneo, in cui le diverse funzioni sono distinte ma efficacemente collegate.
Se per gli uffici il presidente Giuseppe Luraghi chiede “una certa vivacità, raccomandando però di evitare ricercatezze e soluzioni sfarzose”, molta attenzione viene dedicata all’allestimento del Museo, che non vuole porsi come semplice raccolta di vetture e testimonianze ma, al contrario, offrire un’esperienza in grado di comunicare la storia e la tradizione di Alfa Romeo, oltre a costituire la location ideale per eventi, presentazioni e visite ufficiali. Il Museo verrà inaugurato ufficialmente il 18 dicembre 1976.
Curatore dell’esposizione è Luigi Fusi, disegnatore dai tempi di Jano e storico della marca, assistito da Gonzalo Alvarez, che riorganizzerà l’archivio. Il progetto espositivo è invece affidato ai soli Vito e Gustavo Latis i quali, dopo aver deliberato l’impostazione a sei livelli sfalsati collegati idealmente dall’impluvium centrale, propongono due diverse soluzioni per la disposizione interna. A essere preferita è quella più lineare, con le vetture disposte in ordine cronologico e un flusso dei visitatori intuitivo: gli allestimenti sono molto semplici ma esaustivi, con una quantità di informazioni ben calibrata.

La crisi e la rinascita
“Città-fabbrica” o “cattedrale dei metalmeccanici”, lo stabilimento di Arese vivrà tutte le fasi della grande industria automobilistica italiana, compresi i periodi più critici tra lotte sindacali, scioperi e controverse situazioni sociali. Ma vivrà anche molti dei grandi momenti dell’Alfa Romeo, inclusi i successi sportivi e quelli commerciali della Giulia, dell’Alfetta e delle derivate.
Alla metà degli anni Ottanta l’azienda vivrà un periodo di crisi che porterà all’acquisizione da parte del Gruppo Fiat, cui seguirà l’inizio della riduzione delle lavorazioni ad Arese. Lo stabilimento cesserà le attività produttive all’inizio degli anni Duemila e anche direzione e amministrazione verranno trasferite a Torino, destinando il Centro Direzionale ad altri usi.
Il Museo Storico Alfa Romeo, nonostante alcune ipotesi iniziali, non verrà mai aperto al pubblico, restando comunque visitabile gratuitamente previo accesso all’area. Parallelamente, non vi saranno aggiornamenti della struttura o degli allestimenti, ma solo un ampliamento della collezione con i nuovi modelli prodotti, in parte esposti e in parte immagazzinati nella rimessa.
Il Museo viene chiuso alle visite nel 2011, quando la collezione e parte degli edifici, non più utilizzati, vengono sottoposti a vincolo di tutela dal ministero dei Beni Culturali. È questo lo stato dei fatti quando iniziano i lavori di riqualificazione da parte di FCA Partecipazioni, con il progetto di riapertura del Museo Storico Alfa Romeo – ora chiamato “La Macchina del tempo” – inserito in un contesto più ampio che trasforma l’ex Centro Direzionale in un brand center comprendente, oltre al Museo, il Centro Documentazione, il bar-ristorante e il bookshop, spazi per eventi e lo showroom di vendita, oltre a un tracciato di 850 metri nello spazio compreso fra il Museo e l’autostrada.

Tags: Alfa

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